Tetti verdi. Spunti dal progetto LifeMedGreenRoof
La progettazione e la realizzazione dei tetti verdi richiedono un’accurata selezione delle piante e dei substrati.
Molte conferme dal recente convegno tenuto presso Fondazione Minoprio.
Garden grabbing, ossia accaparramento di giardini. È questa la felice definizione di un infelice fenomeno che Antoine Gatt ha utilizzato per descrivere l’ulteriore consumo di suolo nelle aree già urbanizzate: giardini, parchi e spazi aperti sottratti ai Cittadini per costruire una maglia residenziale sempre più fitta.
Gli effetti sul microclima urbano e, quindi, sulla qualità della vita e sui costi energetici sono ormai noti, ma durante il convegno “I tetti verdi nell’ambiente mediterraneo” tenutosi presso la Fondazione Minoprio il 12 novembre 2015 sono stati forniti interessanti dettagli e riferimenti tecnico-scientifici.
Tetti verdi e microclima urbano
Il microclima urbano può differire anche in modo sensibile dalle condizioni climatiche delle zone periurbane e rurali site a pochi chilometri di distanza. Questo per una serie di ragioni tra le quali:
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la geometria particolarmente complessa delle aree cittadine che modifica la dinamica dei venti e quindi il naturale raffrescamento;
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le caratteristiche tecniche dei materiali da costruzione che ostacolano l’allontanamento del calore;
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la ridotta evapotraspirazione a opera della vegetazione sia perché le aree coperte dalla vegetazione sono molto limitate, sia perché le condizioni fitosanitarie delle stesse sono spesso carenti;
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l’albedo delle arre urbane è inferiore a quello delle aree naturali.
L’isola termica urbana comporta un elevato dispendio energetico per le operazioni di raffrescamento e riscaldamento. Si tratta di numeri importanti, se si considera che gli edifici commerciali e residenziali sono responsabili di oltre il 30% delle emissioni complessive che si registrano in città. I tetti verdi “stabilizzano” la temperatura degli edifici, attenuando le escursioni termiche estive e invernali, e aumentano l’evapotraspirazione complessiva; pertanto, una maggiore diffusione del verde pensile avrebbe riflessi positivi non indifferenti sia a livello microclimatico sia a livello di sostenibilità energetica.
Non bisogna poi dimenticare che le città sono sempre più impermeabilizzate: il terreno libero, capace di attenuare il picco di deflusso in caso di eventi atmosferici intensi, è sempre meno e questo aumenta la vulnerabilità delle aree urbane ai nubifragi. Inoltre, l’acqua che ruscella dopo avere attraversato una copertura a verde risulta depurata da una serie di inquinanti che sono trattenuti dal terreno o direttamente dalle piante. È stato calcolato che se tutte le coperture piane del centro di Manchester fossero convertite a verde pensile si avrebbe una riduzione del 2,3% del pm10 (il particolato che affligge molte città): potrebbe sembrare poco ma, se si considera che i tetti verdi per definizione sono i situati a molti metri dal piano stradale, è un risultato da non trascurare.
Le piante e i substrati per un tetto verde
La progettazione e la realizzazione di un tetto verde non può prescindere da un accurato esame del luogo. A livello di Paesi mediterranei, ma anche limitando l’attenzione alle città italiane, il clima è molto diversificato con piogge distribuite in modo molto diverso nel corso delle stagioni. Lo stesso dicasi per quanto concerne le temperature, in particolare i picchi di caldo estivo e le gelate invernali.
Per questo motivo, è fuorviante fornire indicazioni – anche se di massima – circa i materiali da usare. Di certo è bene valutare con attenzione le proposte di coloro che offrono soluzioni preconfezionate, chiavi in mano, con substrati e specie vegetali standardizzate. Al contrario la scelta delle specie, del substrato e dello spessore del pacchetto costruttivo deve essere conseguenza di uno studio attento del microclima locale.
In particolare, è bene ponderare lo spessore del substrato: se nei Paesi del centro e del nord Europa sono tollerabili substrati molto sottili (si arriva a far vivere le piante in 3 cm di substrato), nei Paesi con condizioni climatiche più estreme è bene aumentare la profondità per rendere il sistema più resiliente, ossia meno soggetto alle bizze del tempo. Inoltre, è bene valutare con attenzione il contenuto di sostanza organica dei substrati: se da una parte è auspicabile per i suoi vantaggi agronomici, dall’altra si deve considerare che si tratta di un materiale soggetto a mineralizzazione quindi a una progressiva “scomparsa”. Occorre inoltre valutare il contenuto di calcare sia per i suoi riflessi sulla nutrizione vegetale sia per le potenziali conseguenze sul sistema di smaltimento delle acque.
La manutenzione dei tetti verdi
Uno dei principali fattori che determinano il successo o l’insuccesso del verde pensile è costituito dalla manutenzione o, meglio, dai costi di manutenzione. Questi possono essere molto variabili.
Una prova comparata svolta dalla dottoressa Helga Salchegger del Centro di sperimentazione agraria e forestale di Laimburg ha dimostrato come la manutenzione ridotta a un intervento all’anno sia una pratica quasi utopica. Ne segue che, per un sistema a verde estensivo, sono da considerare almeno due interventi di manutenzione annuali che aumentano nel caso in cui si vogliano soluzioni di tipo più giardinistico nelle quali la manutenzione può richiedere interventi frequenti al pari di un giardino tradizionale.
Interventi di manutenzione particolari, ossia tipici del verde pensile, sono costituiti dalla verifica dell’attecchimento delle piantine dopo i rigori invernali. Dal momento che le piante sono coltivate in vivaio in substrati di tipo vivaistico che differiscono notevolmente da quelli impiegati per la realizzazione dei pacchetti costruttivi delle coperture verdi, non è infrequente assistere a fenomeni di “espulsione” dal substrato delle piante di recente messa a dimora, fenomeni dovuti alle differenti caratteristiche fisiche dei due substrati che si comportano in modo diverso a seguito del gelo. Qualora ciò avvenisse, le piante devono essere nuovamente rimesse in sede pena una ridotta percentuale di attecchimento.
In ogni caso, al di là di casi particolari, una delle principali voci di costo è rappresentata dalla lotta alle infestanti.
Le infestanti del verde pensile
Il tetto verde può essere visto come un “giardino in movimento” alla Gilles Clement. Si tratta infatti di un ambiente estremo, sottoposto a sensibili escursioni termiche, un ambiente dove le infestanti, grazie alla loro aggressività, possono avere vita facile nei confronti delle specie più desiderabili. È bene tuttavia considerare che alcune delle infestanti che possono svilupparsi in un tetto verde non costituiscono un problema perché presentano un buon interesse ornamentale; in questo caso la loro presenza può anzi essere incentivata evitando di rimuoverle e facilitando così l’ulteriore colonizzazione del tetto verde.
Di norma le infestanti – tra le quali si annidano anche piante arbustive e arboree, basta citare Buddleja e Ailanthus – si diffondono a opera del vento e degli animali; tuttavia nel caso del verde pensile il fattore predominante è costituito dall’uomo: buona parte delle malerbe si annida nei substrati mal conservati prima della messa in opera oppure viene portato “in quota” nel corso delle operazioni di manutenzione.
Un tetto verde di qualità
Da quanto detto, un tetto verde di qualità non può essere una soluzione preconfezionata, adatta a tutte le esigenze e latitudini.
Al di là degli aspetti paesaggistici, infatti, un tetto verde di successo deve essere studiato nei dettagli, a partire dagli aspetti microclimatici, in modo da scegliere il substrato e la stratigrafia più adatta. La scelta delle specie sarà frutto di una ricerca attenta che non si limiti alla mera copiatura di altri interventi e che eviti la diffusione dell’ormai celebre deserto di Sedum. Anche nelle coperture a verde, infatti, è bene porre a dimora un buon numero di specie vegetali in modo da aumentare la biodiversità e con essa la resilienza del sistema verde. Una biodiversità che non si limita al mondo vegetale, ma che si spinge sino ai funghi, ai batteri e alla microfauna che popolano i substrati, micro-ospiti fondamentali per garantire il ciclo dei nutrienti e la nutrizione vegetale.
Per ulteriori informazioni sono a disposizione ai recapiti di studio: tel. 333 4603805 e email studio@lucamasotto.it
Altri approfondimenti possono essere trovati anche nel blog di Green Service Italia, dove pubblico contributi circa i tetti verdi.